Napoli - MILAN 3-1

l clima velenoso che ci attenderà domenica sera al S. Paolo è stato coltivato già da quest’estate dal signor De Laurentiis; se cogliamo la ragionata volontà del presidente di creare tutti i presupposti per attirare l’attenzione su fattori extra-sportivi, e la uniamo alle palate di compost che c’ha aggiunto Mister Mazzarri da aprile scorso, il quadro è completo: si può prevedere che il Napoli scenderà in campo sì con la volontà di vincere, ma pure di “pestare”, se qualcosa dovesse andare “storto”.
Svolta una preparazione differente, data la partecipazione alle sei gare di Champions del girone, i partenopei paiono ancora da registrare sotto il punto di vista atletico: la squadra, decisamente fisica, è infatti sorpresa a Cesena dalla maggior fluidità di corsa dei Romagnoli, di cui han ragione solo dopo l’espulsione di Benalouane. Non prendo per oro colato la partita al “City of Manchester”; ad un qualunque osservatore proveniente da un mondo meno inquinato dai media, sarà apparsa una squadra identica all’anno scorso, pregi e difetti: squadra micidiale in contropiede, meno quando la gara la deve sviluppare.

Osservare i flussi di gioco può essere utile: ci raccontano di un Maggio e di un Dossena -ancora i reali portatori d’acqua alla manovra-, troppo isolati; la partita di Inler e Dzemaili -turnati a Manchester-, non ha offerto nuove risorse di gioco al Napoli, se mai ha ingenerato un’apprensione maggiore nel resto della squadra. Non c’entra il valore dei singoli, in questo caso, la mancanza d’abitudine al contesto sì; la partecipazione difensiva da parte degli attaccanti è stata inusuale, infatti: essi convergevano al centro, quasi a protezione della distanza -sbagliata-, che si riscontrava tra i due interni del reparto di metà campo.

In fase offensiva il movimento bilanciato dei due interni in impostazione (uno incontro, l’altro profondo) non ha trovato gli sbocchi più qualitativi sperati, e pure ha portato ad intasare proprio quel tipo di costruzione che gli Azzurri dovranno ricercare per innalzare il livello del loro gioco. Qui l’avversario ha colpito: nelle distanze di un centrocampo statico e poco duttile a differenziare il comportamento nelle due fasi. Si può credere che Mister Mazzarri abbia più di un dubbio su come comporre la coppia di interni per la gara di domenica.

A tratti subiremo i loro assalti, e guai a farci trovare lunghi, distanti: ci attende un’altra Camp Nou, non per quel che concerne il controllo della gara, non per il divario tecnico, ma per l’estremo sforzo mentale che la squadra sarà chiamata ad infondere nella gara. La frustrazione del non poter giocare la palla vissuta in campo a Barcellona dovrà esserci maestra: non abbiamo perso compattezza e distanze e siamo rimasti tranquilli, capaci di cogliere l’occasione; al S.Paolo i signori Campagnaro e Cannavaro in un modo, Lavezzi, Gargano ed Hamsik in altri, ci inviteranno alla rissa, se me avranno l’occasione, ma questo non dovrà legittimarci a poter pensare di finire la gara in dieci uomini. Questo è un rischio da tenere a mente.

Il Milan non è ancora uscito fuori dal box: infortuni di vario genere ed entità; degenze più o meno gestibili; preparazione sfasata in più di un elemento della rosa a causa di Copa America e altre amenità. Fino alla sosta di ottobre, sarà bene essere consci del fatto che dovremo saper modulare alle nostre qualità riconosciute anche altre doti: il sapersela sfangare, ad esempio.
C’è una condizione fisica da dover gestire: se è stato necessario alzare la cosiddetta ”soglia del lattato”, ora, diminuendo il carico del lavoro, la squadra progredirà sull’intensità per trovare scioltezza; ci vorrà ancora qualche tempo e, mentre recupereranno gli infortunati, bisognerà ottimizzare il rapporto tra occasioni avute e gol fatti.

Le scelte saranno quasi obbligate, ma c’è bisogno di qualità a metà campo -e non solo per 25’-, ma per dare un ritmo sostenibile in tutte e due le fasi alla circolazione della palla; la difesa necessita di fosforo e fiato -senza questo l’esperienza è nulla-; l’attacco di capacità di penetrazione e rapidità -tecnica e atletica-.

Data “la forza” dei centrali che affonteremo, il rischio è quello di sbatterci dentro, finire malconci e non arrivare a concludere a rete: il 3.4.2.1. Azzurro si aggira con la qualità a metà campo, con un possesso che attira a sé e sposta l’avversario lateralmente e pesca l’inserimento sul lato debole opposto, ad esempio; col lancio lungo dopo una riconquista alle spalle dei laterali di centrocampo sbilanciati; con una triangolazione e/o un inserimento centrale sulla distanza dei due interni e impegnando senza palla i tornanti.

Per affrontare al meglio questa gara complicata ci vogliono piedi buoni, concentrazione e tanta tanta pazienza, perché lo sforzo profuso in Inghilterra potrebbe pesare nelle loro gambe: è anche passando da qui che l’impresa di martedì scorso potrà assumere un senso più concreto e maturo.

Abbiati, Amelia, Roma, Abate, Antonini, Bonera, Nesta, Taiwo, Thiago Silva, Yepes, Aquilani, Emanuelson, Nocerino, Seedorf, Valoti (57), Van Bommel, Carmona (55), Cassano, El-Shaarawy, Ganz (56), Pato.