Topic Politico
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Re: Topic Politico
Il pensionato suicida, il racconto
della moglie: «È tardi, lei ha firmato»
Chi era Ex dipendente dell’Enel, per anni iscritto alla Cgil, era sempre stato un uomo di sinistra. La moglie: «Tanti sono i responsabili della sua morte»
CIVITAVECCHIA Prima conviene fare un passaggio in banca. Anche per vedere che facce hanno.
La filiale della Banca dell’Etruria è al numero civico 5 di corso Centocelle. Le pareti verdine, un arredamento sobrio, la stanza del direttore in fondo, dopo la sala degli sportelli.
Arriva una segretaria imbronciata: «No, mi spiace: il direttore non può riceverla. Se vuole, telefoni ad Arezzo, alla sede principale».
Dicevano la stessa cosa a Luigino D’Angelo di anni 68 anni, ex dipendente dell’Enel in pensione.
Non possiamo riceverla, torni domani, anzi non torni per niente, tanto purtroppo c’è poco da fare: i suoi centodiecimila euro non li rivedrà.
E lui immobile, paralizzato in un miscuglio di stupore e rabbia davanti a questa porta (se lo ricorda bene un impiegato: «Poveraccio, per una settimana intera s’è presentato qui, ogni mattina, e da qui non si muoveva»).
I risparmi di una vita, un pezzo di liquidazione, azioni e obbligazioni che funzionari abili lo avevano convinto a sottoscrivere con un profilo a «rischio elevato»: tutto bruciato nel rogo previsto dall’operazione Salvabanche.
Per consolarlo: «Vabbè, signor D’Angelo, in fondo le resta pur sempre l’accredito della pensione, no?».
Certe storie le leggi solo sul giornale, pensava.
Certe storie non possono capitare proprio a te.
Certe storie sono incubi, però poi ti svegli sudato e ti resta solo un po’ d’ansia addosso.
Invece tornava a casa e capiva che non era un incubo.
La casa è in via Ugo La Malfa, zona Faro, nella parte alta della città. Villini a due piani sul dorso sbagliato della collina, il mare non si vede.
Il giardino della famiglia D’Angelo è tra i più curati. C’è un pino largo e basso, ci sono rose bellissime, ci sono fiori fuori stagione. Sulla rampa del garage, un Suv giapponese coperto con un telo. Sul vialetto, un grosso scooter. Le biciclette sono nel retro. Le biciclette erano la vera passione del signor Luigino.
Un uomo mite, una persona perbene, un pensionato senza figli che vorrebbe godersi gli anni della pensione in santa pace, un signore distinto - come si diceva un tempo - che sembra perfetto per vivere in un villino così. Solo che poi tornava dalla banca e si ritrovava dentro lo stesso incubo.
Hai perso tutti i soldi.
Ti hanno ingannato.
E non puoi farci niente.
La moglie Lidia aveva intercettato brutti pensieri. Quando vivi insieme da cinquant’anni, ti basta mezzo sospiro. Da una settimana evitava di lasciarlo solo in casa. Ma lui s’era ingegnato di nascosto: scelto il tipo di corda (robusta: era alto un metro e 87) e il tipo di nodo; stabilito pure dove legare la corda (alla balaustra delle scalette che portano giù in sala hobby).
Non gli restava che decidere il giorno.
È impossibile capire con quali criteri si possa decidere un giorno così.
Il signor Luigino scelse un sabato: lo scorso 28 novembre.
Alle 16.20, rilesse per l’ultima volta sul computer la lettera di congedo dalla moglie, dalla banca (con accuse tremende) e dalla vita; aspettò che la suocera Anna salisse al piano superiore e che la moglie Lidia uscisse ad annaffiare le rose.
Quanto puoi metterci ad annaffiare una pianta di rose?
A lui bastò.
Adesso siamo tutti qui fuori dal cancello - solito pattuglione di cronisti, cameraman, fotografi - ad immaginarci la scena che può essersi trovata davanti la moglie Lidia.
È una donna esile, indossa un maglioncino giallo, ha i capelli a caschetto; colpisce il tono della sua voce: che ha perduto il tremore del dolore e ha assunto la freddezza di chi vuole e pretende giustizia (intanto, poco fa, la Procura di Civitavecchia ha annunciato l’apertura di un fascicolo: reato ipotizzato, «istigazione al suicidio»).
La signora Lidia parla a rate, un po’ al citofono, un po’ al telefono, un po’ dal vivo e il primo a parlarci personalmente e a convincerla a raccontare tutto è stato Paolo Gianlorenzo, il direttore di EtruriaNews .
Il riassunto delle dichiarazioni di Lidia D’Angelo è questo: «Tutto è cominciato a giugno, quando la banca convocò mio marito, spiegandogli che il suo profilo non era più adeguato al suo investimento: non so come, lo convinsero a passare da un profilo a «basso rischio» ad un profilo ad «alto rischio». Gli hanno fatto mettere un sacco di firme su un sacco di fogli. Lui, ad un certo punto, è stato assalito dal sospetto di essere stato incauto: ma quelli gli risposero che ormai aveva firmato e non poteva più tornare indietro. Abbiamo trascorso un’estate infernale. L’idea di ritrovarsi tutti i risparmi in una posizione di pericolo lo tormentava. Il decreto del governo è stata la mazzata finale. Luigino ha scoperto di aver perso tutto in un pomeriggio. È difficile dire se si sia tolto la vita o se, piuttosto, sia stato ucciso. I responsabili della sua morte sono in tanti. Non perdono chi ha scritto quel decreto, chi l’ha approvato, chi l’ha applicato. Qualcuno deve pagare».
Luigino D’Angelo è sempre stato un uomo di sinistra. «Per anni è stato iscritto alla Cgil», ricorda con passo struggente Alberto Leopardo, che fu suo segretario sindacale e che è padre di Enrico, il responsabile del Pd locale. «Le ragioni del suicidio di Luigino le conoscevamo tutti da giorni in città... Ma sono state rese note solo dopo due settimane. Curioso, no?».
Il nipote preferito del signor Luigino si chiama Adriano Renzi (cognome qui a Civitavecchia assai diffuso: un po’ meno il nome che Adriano ha dato a suo figlio, Matteo).
«Mio zio, questa è la pura verità, è stato rovinato e moralmente traumatizzato da quel decreto voluto proprio da un governo in cui lui credeva tanto, tantissimo...».
Le telecamere dei tigì si spengono.
Passa un marinaio, ha i gradi da ufficiale e, giunto innanzi al cancello, si fa il segno della croce.
Da qui il mare non si vede. Ma, come diceva il signor Luigino quand’era un pensionato felice, si vedono i gabbiani che partono in picchiata per andarci a pesca.
www.corriere.it
della moglie: «È tardi, lei ha firmato»
Chi era Ex dipendente dell’Enel, per anni iscritto alla Cgil, era sempre stato un uomo di sinistra. La moglie: «Tanti sono i responsabili della sua morte»
CIVITAVECCHIA Prima conviene fare un passaggio in banca. Anche per vedere che facce hanno.
La filiale della Banca dell’Etruria è al numero civico 5 di corso Centocelle. Le pareti verdine, un arredamento sobrio, la stanza del direttore in fondo, dopo la sala degli sportelli.
Arriva una segretaria imbronciata: «No, mi spiace: il direttore non può riceverla. Se vuole, telefoni ad Arezzo, alla sede principale».
Dicevano la stessa cosa a Luigino D’Angelo di anni 68 anni, ex dipendente dell’Enel in pensione.
Non possiamo riceverla, torni domani, anzi non torni per niente, tanto purtroppo c’è poco da fare: i suoi centodiecimila euro non li rivedrà.
E lui immobile, paralizzato in un miscuglio di stupore e rabbia davanti a questa porta (se lo ricorda bene un impiegato: «Poveraccio, per una settimana intera s’è presentato qui, ogni mattina, e da qui non si muoveva»).
I risparmi di una vita, un pezzo di liquidazione, azioni e obbligazioni che funzionari abili lo avevano convinto a sottoscrivere con un profilo a «rischio elevato»: tutto bruciato nel rogo previsto dall’operazione Salvabanche.
Per consolarlo: «Vabbè, signor D’Angelo, in fondo le resta pur sempre l’accredito della pensione, no?».
Certe storie le leggi solo sul giornale, pensava.
Certe storie non possono capitare proprio a te.
Certe storie sono incubi, però poi ti svegli sudato e ti resta solo un po’ d’ansia addosso.
Invece tornava a casa e capiva che non era un incubo.
La casa è in via Ugo La Malfa, zona Faro, nella parte alta della città. Villini a due piani sul dorso sbagliato della collina, il mare non si vede.
Il giardino della famiglia D’Angelo è tra i più curati. C’è un pino largo e basso, ci sono rose bellissime, ci sono fiori fuori stagione. Sulla rampa del garage, un Suv giapponese coperto con un telo. Sul vialetto, un grosso scooter. Le biciclette sono nel retro. Le biciclette erano la vera passione del signor Luigino.
Un uomo mite, una persona perbene, un pensionato senza figli che vorrebbe godersi gli anni della pensione in santa pace, un signore distinto - come si diceva un tempo - che sembra perfetto per vivere in un villino così. Solo che poi tornava dalla banca e si ritrovava dentro lo stesso incubo.
Hai perso tutti i soldi.
Ti hanno ingannato.
E non puoi farci niente.
La moglie Lidia aveva intercettato brutti pensieri. Quando vivi insieme da cinquant’anni, ti basta mezzo sospiro. Da una settimana evitava di lasciarlo solo in casa. Ma lui s’era ingegnato di nascosto: scelto il tipo di corda (robusta: era alto un metro e 87) e il tipo di nodo; stabilito pure dove legare la corda (alla balaustra delle scalette che portano giù in sala hobby).
Non gli restava che decidere il giorno.
È impossibile capire con quali criteri si possa decidere un giorno così.
Il signor Luigino scelse un sabato: lo scorso 28 novembre.
Alle 16.20, rilesse per l’ultima volta sul computer la lettera di congedo dalla moglie, dalla banca (con accuse tremende) e dalla vita; aspettò che la suocera Anna salisse al piano superiore e che la moglie Lidia uscisse ad annaffiare le rose.
Quanto puoi metterci ad annaffiare una pianta di rose?
A lui bastò.
Adesso siamo tutti qui fuori dal cancello - solito pattuglione di cronisti, cameraman, fotografi - ad immaginarci la scena che può essersi trovata davanti la moglie Lidia.
È una donna esile, indossa un maglioncino giallo, ha i capelli a caschetto; colpisce il tono della sua voce: che ha perduto il tremore del dolore e ha assunto la freddezza di chi vuole e pretende giustizia (intanto, poco fa, la Procura di Civitavecchia ha annunciato l’apertura di un fascicolo: reato ipotizzato, «istigazione al suicidio»).
La signora Lidia parla a rate, un po’ al citofono, un po’ al telefono, un po’ dal vivo e il primo a parlarci personalmente e a convincerla a raccontare tutto è stato Paolo Gianlorenzo, il direttore di EtruriaNews .
Il riassunto delle dichiarazioni di Lidia D’Angelo è questo: «Tutto è cominciato a giugno, quando la banca convocò mio marito, spiegandogli che il suo profilo non era più adeguato al suo investimento: non so come, lo convinsero a passare da un profilo a «basso rischio» ad un profilo ad «alto rischio». Gli hanno fatto mettere un sacco di firme su un sacco di fogli. Lui, ad un certo punto, è stato assalito dal sospetto di essere stato incauto: ma quelli gli risposero che ormai aveva firmato e non poteva più tornare indietro. Abbiamo trascorso un’estate infernale. L’idea di ritrovarsi tutti i risparmi in una posizione di pericolo lo tormentava. Il decreto del governo è stata la mazzata finale. Luigino ha scoperto di aver perso tutto in un pomeriggio. È difficile dire se si sia tolto la vita o se, piuttosto, sia stato ucciso. I responsabili della sua morte sono in tanti. Non perdono chi ha scritto quel decreto, chi l’ha approvato, chi l’ha applicato. Qualcuno deve pagare».
Luigino D’Angelo è sempre stato un uomo di sinistra. «Per anni è stato iscritto alla Cgil», ricorda con passo struggente Alberto Leopardo, che fu suo segretario sindacale e che è padre di Enrico, il responsabile del Pd locale. «Le ragioni del suicidio di Luigino le conoscevamo tutti da giorni in città... Ma sono state rese note solo dopo due settimane. Curioso, no?».
Il nipote preferito del signor Luigino si chiama Adriano Renzi (cognome qui a Civitavecchia assai diffuso: un po’ meno il nome che Adriano ha dato a suo figlio, Matteo).
«Mio zio, questa è la pura verità, è stato rovinato e moralmente traumatizzato da quel decreto voluto proprio da un governo in cui lui credeva tanto, tantissimo...».
Le telecamere dei tigì si spengono.
Passa un marinaio, ha i gradi da ufficiale e, giunto innanzi al cancello, si fa il segno della croce.
Da qui il mare non si vede. Ma, come diceva il signor Luigino quand’era un pensionato felice, si vedono i gabbiani che partono in picchiata per andarci a pesca.
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Re: Topic Politico
Giornali e televisioni non sapevano nulla sullo stato di salute di queste banche?
non sapevano che in alcune banche vendono prodotti in modo scorretto?
ne hanno mai parlato prima?
non sapevano che in alcune banche vendono prodotti in modo scorretto?
ne hanno mai parlato prima?
lalomba- Atene 1994
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Re: Topic Politico
la parte in grassetto è una balla, nel senso che non funziona così...il profilo di rischio si può cambiare e non certo se l'investimento passa da basso rischio ad alto, in quel caso va venduto oppure se il cliente è d'accordo cambia il suo profilo di rischio. E comunque il cliente può cambiare il suo profilo quando vuole
Mattia80- Yokohama 2007
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Re: Topic Politico
si sarà fidato
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Re: Topic Politico
Mattia80 ha scritto:la parte in grassetto è una balla, nel senso che non funziona così...il profilo di rischio si può cambiare e non certo se l'investimento passa da basso rischio ad alto, in quel caso va venduto oppure se il cliente è d'accordo cambia il suo profilo di rischio. E comunque il cliente può cambiare il suo profilo quando vuole
però non puoi nemmeno proporre cose del genere come sicure e spingere ad accettare gente che nn ne capisce una sega, come si sta scoprendo adesso
ragionando così anche Vanna marchi & co. sono brave persone
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Re: Topic Politico
Boschi: «Mio padre è una persona perbene, se sento del disagio è verso di lui e la mia famiglia»
«È finito un po’ al centro dell’attenzione continua delle cronache non tanto per quello che fa lui ma perché è mio padre, abbiamo lo stesso cognome. So però che la mia è una famiglia molto solida, affronteremo questo momento rimanendo uniti».
«Il governo ha fatto ciò che riteneva giusto e che poteva fare, non fa favoritismi personali».
che zoccola ... decreto fatto in 10 minuti in una domenica sera.
«È finito un po’ al centro dell’attenzione continua delle cronache non tanto per quello che fa lui ma perché è mio padre, abbiamo lo stesso cognome. So però che la mia è una famiglia molto solida, affronteremo questo momento rimanendo uniti».
«Il governo ha fatto ciò che riteneva giusto e che poteva fare, non fa favoritismi personali».
che zoccola ... decreto fatto in 10 minuti in una domenica sera.
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Re: Topic Politico
Salva banche: la Boschi, il papà e il caso Banca Etruria
Ieri, presentando il libro di Vespa, il ministro Boschi ha detto che suo padre è una persona perbene e che Banca Etruria non ha ricevuto favoritismi dal (suo) governo. Ne prendo atto e non fatico a crederci. Certo, magari sarebbe stato bello che ieri la Boschi avesse preferito al libro di Vespa la sua città, in questi giorni devastata dal caso Banca Etruria, ma capisco che dopo aver regalato a giugno la città al centrodestra imponendo un candidato smisuratamente debole e dopo che il suo governo (e la “sua” banca) hanno contribuito a gettare nella miseria migliaia di cittadini, Arezzo non sia ora la prima città che le venga in mente. Infatti, ad Arezzo, ieri c’era Salvini. E la Boschi no.
E’ assai probabile che, di fronte al disastro ormai conclamato, il governo Renzi non potesse fare altro che anticipare il bail-in di gennaio 2016 al 22 novembre scorso. I danni erano stati fatti prima, molto prima. Con gli omessi controlli, con i conflitti d’interesse, con i favori ai soliti noti. Con le regole cambiate in corsa, con l’atteggiamento di Bankitalia, con quello della Consob. Con una congrega di (pagatissimi) dirigenti che hanno fatto più danni della grandine. Già: ma la Boschi davvero non sapeva tutto questo?
Delle quattro bad bank “salvate”, la Banca Etruria è sempre sembrata più banca delle altre. L’ho detto anche ieri a Piazzapulita e qui desidero riassumere e integrare.
Dal 2011 fino al commissariamento dell’11 febbraio 2015, il papà Pierluigi faceva parte del Cda Etruria. Non appena la figlia Maria Elena diventa ministro, il papà diventa vicepresidente della Banca. Non solo: il ministro è azionista e il fratello è dipendente. Conflitti di interesse come se piovessero. La Banca Etruria viene commissariata a febbraio 2015, per un buco di 3 miliardi, sei volte il suo patrimonio netto, ma le obbligazioni subordinate vengono ancora sbolognate agli ignari e incolpevoli risparmiatori (che il governo Renzi vuole far passare per “speculatori”). Bankitalia, constatando le “forti criticità crescenti” e una situazione disastrosa, commina multe per 2.5 milioni di euro al cda della Banca. Viene multato per 144mila euro anche Pierluigi Boschi. Per cosa? “Carenza organizzazione e controlli interni, carenza gestione e controllo del credito, violazioni in materia di trasparenza, omesse inesatte segnalazioni”. Praticamente non ha fatto niente di tutto quello che doveva fare: anzi, ha fatto l’esatto contrario. Senz’altro persona “perbene”, come dice la figlia, ma che verosimilmente ha sbagliato lavoro.
La Banca Etruria, che Travaglio definì a febbraio “salotto di cattolici e massoni”, era una banca morta molto prima del commissariamento. Eppure si continuava a spendere fino a 15 milioni di euro l’anno in “consulenze” esterne. I dirigenti si erano anche inventati una legge ad hoc per cui bastava una firma per prestare soldi agli amici degli amici: prestiti che, ovviamente, mai sarebbero rientrati. Però, quando due anni fa l’allora presidente Fornasari aumentò il capitale di 100 milioni dicendo ai soci di comprare azioni da 60 centesimi l’una, li rassicurò, sostenendo che la banca era coesa e che “l’Etruria è la banca popolare più forte del centro Italia”. Il livello generale era questo.
C’è poi un altro aspetto. Da fine ottobre 2014 a gennaio 2015, strani movimenti riguardano alcune banche popolari. Su tutte l’Etruria. La banca è in crisi, ma molti di colpo si mettono a comprare azioni convinti che da marzo quelle azioni varranno molto di più. Perché? Non è dato sapere, ma è forse dato supporre. Nel pomeriggio del 20 gennaio 2015, in neanche due ore, il governo Renzi – tramite decreto – trasforma le banche popolari con almeno 8 miliardi di attivo in Spa. Chi ci guadagna di più? Guarda un po': Banca Etruria, che registra in borsa la migliore performance dell’anno (+62.5%).
La Boschi, durante il Consiglio di ministri che vara rapidamente il decreto, non c’è. E’ assente. Ma questo non basta forse per non parlare di conflitto di interessi. Ah: molte di quelle plusvalenze e speculazioni “indovine”, che faranno poi supporre casi di “insider trading”, arrivavano da Londra. A Londra, del tutto casualmente, sta anche Davide Serra, noto finanziatore renziano col suo fondo Algebris.
Serra ha sempre detto di non avere mai comprato azioni Banca Etruria in quel periodo, ma di averlo fatto molto prima – a marzo 2014 – salvo poi rivenderle pochi giorni prima del decreto. Perdendoci un sacco di soldi (più di 20 milioni di euro). Sarebbe interessante sapere a chi le ha vendute.
www.ilfattoquotidiano.it
strano che adesso nessuno del pd tiri fuori l'argomento del conflitto d'interese ... è stato il loro cavallo di battaglia per 20 anni.
Ieri, presentando il libro di Vespa, il ministro Boschi ha detto che suo padre è una persona perbene e che Banca Etruria non ha ricevuto favoritismi dal (suo) governo. Ne prendo atto e non fatico a crederci. Certo, magari sarebbe stato bello che ieri la Boschi avesse preferito al libro di Vespa la sua città, in questi giorni devastata dal caso Banca Etruria, ma capisco che dopo aver regalato a giugno la città al centrodestra imponendo un candidato smisuratamente debole e dopo che il suo governo (e la “sua” banca) hanno contribuito a gettare nella miseria migliaia di cittadini, Arezzo non sia ora la prima città che le venga in mente. Infatti, ad Arezzo, ieri c’era Salvini. E la Boschi no.
E’ assai probabile che, di fronte al disastro ormai conclamato, il governo Renzi non potesse fare altro che anticipare il bail-in di gennaio 2016 al 22 novembre scorso. I danni erano stati fatti prima, molto prima. Con gli omessi controlli, con i conflitti d’interesse, con i favori ai soliti noti. Con le regole cambiate in corsa, con l’atteggiamento di Bankitalia, con quello della Consob. Con una congrega di (pagatissimi) dirigenti che hanno fatto più danni della grandine. Già: ma la Boschi davvero non sapeva tutto questo?
Delle quattro bad bank “salvate”, la Banca Etruria è sempre sembrata più banca delle altre. L’ho detto anche ieri a Piazzapulita e qui desidero riassumere e integrare.
Dal 2011 fino al commissariamento dell’11 febbraio 2015, il papà Pierluigi faceva parte del Cda Etruria. Non appena la figlia Maria Elena diventa ministro, il papà diventa vicepresidente della Banca. Non solo: il ministro è azionista e il fratello è dipendente. Conflitti di interesse come se piovessero. La Banca Etruria viene commissariata a febbraio 2015, per un buco di 3 miliardi, sei volte il suo patrimonio netto, ma le obbligazioni subordinate vengono ancora sbolognate agli ignari e incolpevoli risparmiatori (che il governo Renzi vuole far passare per “speculatori”). Bankitalia, constatando le “forti criticità crescenti” e una situazione disastrosa, commina multe per 2.5 milioni di euro al cda della Banca. Viene multato per 144mila euro anche Pierluigi Boschi. Per cosa? “Carenza organizzazione e controlli interni, carenza gestione e controllo del credito, violazioni in materia di trasparenza, omesse inesatte segnalazioni”. Praticamente non ha fatto niente di tutto quello che doveva fare: anzi, ha fatto l’esatto contrario. Senz’altro persona “perbene”, come dice la figlia, ma che verosimilmente ha sbagliato lavoro.
La Banca Etruria, che Travaglio definì a febbraio “salotto di cattolici e massoni”, era una banca morta molto prima del commissariamento. Eppure si continuava a spendere fino a 15 milioni di euro l’anno in “consulenze” esterne. I dirigenti si erano anche inventati una legge ad hoc per cui bastava una firma per prestare soldi agli amici degli amici: prestiti che, ovviamente, mai sarebbero rientrati. Però, quando due anni fa l’allora presidente Fornasari aumentò il capitale di 100 milioni dicendo ai soci di comprare azioni da 60 centesimi l’una, li rassicurò, sostenendo che la banca era coesa e che “l’Etruria è la banca popolare più forte del centro Italia”. Il livello generale era questo.
C’è poi un altro aspetto. Da fine ottobre 2014 a gennaio 2015, strani movimenti riguardano alcune banche popolari. Su tutte l’Etruria. La banca è in crisi, ma molti di colpo si mettono a comprare azioni convinti che da marzo quelle azioni varranno molto di più. Perché? Non è dato sapere, ma è forse dato supporre. Nel pomeriggio del 20 gennaio 2015, in neanche due ore, il governo Renzi – tramite decreto – trasforma le banche popolari con almeno 8 miliardi di attivo in Spa. Chi ci guadagna di più? Guarda un po': Banca Etruria, che registra in borsa la migliore performance dell’anno (+62.5%).
La Boschi, durante il Consiglio di ministri che vara rapidamente il decreto, non c’è. E’ assente. Ma questo non basta forse per non parlare di conflitto di interessi. Ah: molte di quelle plusvalenze e speculazioni “indovine”, che faranno poi supporre casi di “insider trading”, arrivavano da Londra. A Londra, del tutto casualmente, sta anche Davide Serra, noto finanziatore renziano col suo fondo Algebris.
Serra ha sempre detto di non avere mai comprato azioni Banca Etruria in quel periodo, ma di averlo fatto molto prima – a marzo 2014 – salvo poi rivenderle pochi giorni prima del decreto. Perdendoci un sacco di soldi (più di 20 milioni di euro). Sarebbe interessante sapere a chi le ha vendute.
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strano che adesso nessuno del pd tiri fuori l'argomento del conflitto d'interese ... è stato il loro cavallo di battaglia per 20 anni.
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Re: Topic Politico
ma io ho scritto che chi ha convinto queste persone va severamente punito e deve essere lui a risarcire, mica ho detto una cosa diversa dalla tua. La cosa sbagliata è che lo Stato risarcisca tutti i possessori di questi bond subordinati (anche perché molti hanno solo cercato di specularci, o crederete mica che sono tutti pensionati o gente che non ne sa una mazza?).Spirit of Saint Louis ha scritto:Mattia80 ha scritto:la parte in grassetto è una balla, nel senso che non funziona così...il profilo di rischio si può cambiare e non certo se l'investimento passa da basso rischio ad alto, in quel caso va venduto oppure se il cliente è d'accordo cambia il suo profilo di rischio. E comunque il cliente può cambiare il suo profilo quando vuole
però non puoi nemmeno proporre cose del genere come sicure e spingere ad accettare gente che nn ne capisce una sega, come si sta scoprendo adesso
ragionando così anche Vanna marchi & co. sono brave persone
Per altro lo stato non può nemmeno farlo visto le vigenti leggi (europee)
Ultima modifica di Mattia80 il Ven Dic 11, 2015 6:02 pm - modificato 1 volta.
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Re: Topic Politico
sicuro, lui è stato sprovveduto senza dubbio, ma ha subito una truffa questo è chiaroPerSempreConTe ha scritto:si sarà fidato
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Re: Topic Politico
Oltretutto boh..gente che investe tutto quello che ha in un unico prodotto.. al di là della sua rischiosità..si consiglia sempre la proverbiale diversificazione..a meno che gli ordini di scuderia non fossero '"vendere quelle obbligazioni a rotta di collo e stop"....pure quello sarebbe facilmente riscontrabile e dimostrabile con indagini mediamente accurate. Comq ci sarà sempre il direttore di banca che spinge i dipendenti a vendere ai clienti i propri prodotti finanziari, c'è poco da fare.
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