Topic Politico
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Re: Topic Politico
Mattia80 ha scritto:PLB: "Giusto intervenire in Mali"
NV: " Sbagliato l'uso della forza in Mali"
iniziamo bene
niente di nuovo
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Re: Topic Politico
non l'ha ridotto, l'aveva allungato, successivamente su pressioni di alcuni l'ha ripristinato come era precedentemente.
come puoi notare qui:
http://job.fanpage.it/riassunzione-con-contratto-a-termine-intervalli-ridotti-a-20-o-30-giorni-potere-ai-ccnl/
La riforma del mercato del lavoro voluta dal Governo Monti e dal Ministro Fornero con la legge n. 92 del 28 giugno 2012 ha introdotto molte novità su alcuni contratti largamente diffusi in Italia come il contratto a progetto o il contratto a tempo determinato. Su quest’ultimo, una delle norme anti elusione più incisiva, e che ha creato più problemi in questi mesi, è stata quella dell’ampliamento degli intervalli di tempo per la riassunzione nel contratto a termine, il rinnovo nel contratto a tempo determinato.
In sostanza per il rinnovo del contratto a termine per mansioni equivalenti, per la stipula di un successivo contratto a tempo determinato dopo la scadenza di un contratto a termine tra le parti, dal 18 luglio 2012 è necessario attendere i seguenti intervalli: 60 giorni, se il precedente contratto a termine scaduto era inferiore a 6 mesi; 90 giorni di attesa per stipulare un nuovo contratto a tempo determinato, se il precedente contratto era superiore a 6 mesi.
L’ampliamento dei termini aveva una precisa finalità: L’intenzione del Governo era quella di combattere l’elusione del contratto a termine con l’abuso dello stesso attraverso il reiterato ricorso ai contratti a tempo determinato tra lo stesso datore di lavoro, lo stesso lavoratore e per le stesse mansioni. L’obiettivo era indurre le imprese alla stipula di (o trasformazione in) contratti a tempo indeterminato. Scarsamente raggiunto.
Le numerose perplessità delle associazioni imprenditoriali, nonché i disperati appelli dei lavoratori con contratto scaduto, hanno indotto il Ministero del Lavoro a rivedere parzialmente la normativa: con la circolare n. 27 del 7 novembre 2012, il Ministero ha aperto alla contrattazione collettiva l’ampia possibilità di derogare ai 60 o 90 giorni previsti dalla legge 92 del 2012. Potere attribuito ai contratti collettivi CCNL di introdurre dei termini ridotti, esattamente come era previsto dalla vecchia normativa.
Di fatto, le parti sociali possono prevedere i casi in cui gli intervalli di tempo sono a termini ridotti, ossia a 20 giorni per i contratti inferiori a 6 mesi da rinnovare, oppure a 30 giorni per i contratti da rinnovare superiori a 6 mesi. Si tratta quindi di un ritorno, tramite l’operato delle parti sociali nella stipula dei CCNL, alla vecchia normativa sul rinnovo del contratto a termine.
L’apertura del Ministero quindi corregge il tiro. Con l’introduzione del nuovo contratto a termine acausale, che consente alle imprese di assumere un nuovo lavoratore con un contratto a termine senza l’indicazione delle ragioni giustificative ( anche se non rinnovabile, anche se previsto per il primo rapporto di lavoro tra le parti), con l’inasprimento degli intervalli di tempo a 60 o 90 giorni per il rinnovo dei contratti a termine scaduti, il risultato ottenuto non è stato quello di favorire la stabilizzazione con contratto a tempo indeterminato dei lavoratori a cui era scaduto il contratto a termine dopo il 18 luglio, ma piuttosto l’inverso: molte imprese non hanno rinnovato i contratti scaduti per l’intervallo troppo ampio di 60 giorni o 90 giorni. Anzi molti datori di lavoro sono ricorsi all’assunzione di nuovi lavoratori, anche con contratto a termine acasuale. Una delle soluzioni adottate è stata quella della proroga del contratto, che è però possibile una volta sola tra le parti, e per la quale non sono previsti intervalli.
I lavoratori con contratto a termine scaduto, dal loro lato, piuttosto che sperare in un indeterminato, si sono a più riprese informati su come rendere possibile il proprio rinnovo nonostante la riforma. Insomma un effetto al contrario. Vediamo nel dettaglio cosa dice la circolare n. 27 del 2012 del Ministero del Lavoro, che consente alla contrattazione collettiva di derogare.
Il Ministero: i termini ridotti a 20 e 30 giorni stabiliti dai CCNL
La legge n. 92 del 2012, la riforma del lavoro, aveva già previsto una deroga agli intervalli di 60 o 90 giorni nella successione dei contratto a termine per mansioni equivalenti. Il comma 9 lettera h) dell’art. 1 della Legge Fornero stabiliva che “I contratti collettivi possono prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione dei predetti periodi, rispettivamente, fino a venti giorni e trenta giorni nei casi in cui l’assunzione a termine avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato:
dall’avvio di una nuova attività;
dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo;
dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico;
dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo;
dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente.
E aggiungeva, sempre il comma 9: “In mancanza di un intervento della contrattazione collettiva, ai sensi del precedente periodo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione (quindi entro il 18 luglio 2013), sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, provvede a individuare le specifiche condizioni in cui, ai sensi del periodo precedente, operano le riduzioni ivi previste”.
Quindi in queste ipotesi di cui all’elenco, è possibile la deroga e la riduzione degli intervalli a 20 giorni, se il contratto scaduto era di massimo 6 mesi, e 30 giorni, se il contratto era superiore a 6 mesi.
Termini ridotti per le attività stagionali. L’art. 46-bis della Decreto Legge n. 83 del 2012 ha introdotto un ulteriore periodo: “I termini ridotti trovano applicazione per le attività di cui al comma 4-ter (attività stagionali di cui al D.P.R. n. 1525 del 1963) e in ogni altro caso previsto dai contratti collettivi stipulati ad ogni livello dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
La circolare del Ministero chiarisce che questa ultima disposizione ha carattere interpolativo dell’art. 1 comma 9 lettera h) della legge n. 92 del 2012, che a sua volta, si inserisce nel corpo dell’art. 5 comma 3 del D. Lgs. 368 del 2001. E che la citata disposizione richiama esplicitamente i termini ridotti di 20 e 30 giorni, dice il Ministero.
L’interpretazione sistematica del Ministero: “In primo luogo gli accordi di livello interconfederale o di categoria, ovvero, in via delegata, a livello decentrato, possono ridurre la durata degli intervalli per esigenze riconducibili a ragioni organizzative qualificate, legate all’avvio di una nuova attività, al lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, eccetera. In tali ipotesi, pertanto, la contrattazione collettiva è “sollecitata” a regolamentare tali fattispecie proprio in ragione di una possibile iniziativa di carattere sostitutivo di questo Ministero che, sempre sulla base delle citate ragioni organizzative qualificate, può agire in via amministrativa con apposito decreto per puntualizzare la casistica di cui sopra”. Quindi il Ministero invita nuovamente le parti sociali a regolamentare i casi già previsti dalla legge n. 92 del 2012, elencati precedentemente.
L’apertura verso i termini ridotti stabiliti dai CCNL: “Sotto altro profilo il riferimento ad “ogni altro caso previsto dai contratti collettivi” di qualsiasi livello, rende comunque valida ogni altra ipotesi di riduzione degli intervalli da parte della contrattazione nazionale, territoriale, o aziendale, anche in ipotesi diverse e ulteriori rispetto a quelle legate ai processi organizzativi sopra considerati (avvio di una nuova attività, lancio di un prodotto ecc.), senza che in tal caso sia però previsto un ruolo sostitutivo
del Ministero”.
Ciò significa che in tutti i casi previsti dai contratti collettivi di qualsiasi livello si potranno ridurre gli intervalli per il rinnovo dei contratti a termine a 20 e 30 giorni. Ed a questo punto c’è da aspettare solo che le parti sociali, datori di lavoro e sindacati dei lavoratori, si accordino, settore per settore, sui casi in cui è possibile tornare al rinnovo del contratto a tempo determinato con intervalli a termini ridotti di 20 giorni, per la stipula di un nuovo contratto a termine per mansioni equivalenti dopo un contratto scaduto di massimo 6 mesi, oppure di 30 giorni, se il contratto scaduto è superiore a 6 mesi.
come puoi notare qui:
http://job.fanpage.it/riassunzione-con-contratto-a-termine-intervalli-ridotti-a-20-o-30-giorni-potere-ai-ccnl/
La riforma del mercato del lavoro voluta dal Governo Monti e dal Ministro Fornero con la legge n. 92 del 28 giugno 2012 ha introdotto molte novità su alcuni contratti largamente diffusi in Italia come il contratto a progetto o il contratto a tempo determinato. Su quest’ultimo, una delle norme anti elusione più incisiva, e che ha creato più problemi in questi mesi, è stata quella dell’ampliamento degli intervalli di tempo per la riassunzione nel contratto a termine, il rinnovo nel contratto a tempo determinato.
In sostanza per il rinnovo del contratto a termine per mansioni equivalenti, per la stipula di un successivo contratto a tempo determinato dopo la scadenza di un contratto a termine tra le parti, dal 18 luglio 2012 è necessario attendere i seguenti intervalli: 60 giorni, se il precedente contratto a termine scaduto era inferiore a 6 mesi; 90 giorni di attesa per stipulare un nuovo contratto a tempo determinato, se il precedente contratto era superiore a 6 mesi.
L’ampliamento dei termini aveva una precisa finalità: L’intenzione del Governo era quella di combattere l’elusione del contratto a termine con l’abuso dello stesso attraverso il reiterato ricorso ai contratti a tempo determinato tra lo stesso datore di lavoro, lo stesso lavoratore e per le stesse mansioni. L’obiettivo era indurre le imprese alla stipula di (o trasformazione in) contratti a tempo indeterminato. Scarsamente raggiunto.
Le numerose perplessità delle associazioni imprenditoriali, nonché i disperati appelli dei lavoratori con contratto scaduto, hanno indotto il Ministero del Lavoro a rivedere parzialmente la normativa: con la circolare n. 27 del 7 novembre 2012, il Ministero ha aperto alla contrattazione collettiva l’ampia possibilità di derogare ai 60 o 90 giorni previsti dalla legge 92 del 2012. Potere attribuito ai contratti collettivi CCNL di introdurre dei termini ridotti, esattamente come era previsto dalla vecchia normativa.
Di fatto, le parti sociali possono prevedere i casi in cui gli intervalli di tempo sono a termini ridotti, ossia a 20 giorni per i contratti inferiori a 6 mesi da rinnovare, oppure a 30 giorni per i contratti da rinnovare superiori a 6 mesi. Si tratta quindi di un ritorno, tramite l’operato delle parti sociali nella stipula dei CCNL, alla vecchia normativa sul rinnovo del contratto a termine.
L’apertura del Ministero quindi corregge il tiro. Con l’introduzione del nuovo contratto a termine acausale, che consente alle imprese di assumere un nuovo lavoratore con un contratto a termine senza l’indicazione delle ragioni giustificative ( anche se non rinnovabile, anche se previsto per il primo rapporto di lavoro tra le parti), con l’inasprimento degli intervalli di tempo a 60 o 90 giorni per il rinnovo dei contratti a termine scaduti, il risultato ottenuto non è stato quello di favorire la stabilizzazione con contratto a tempo indeterminato dei lavoratori a cui era scaduto il contratto a termine dopo il 18 luglio, ma piuttosto l’inverso: molte imprese non hanno rinnovato i contratti scaduti per l’intervallo troppo ampio di 60 giorni o 90 giorni. Anzi molti datori di lavoro sono ricorsi all’assunzione di nuovi lavoratori, anche con contratto a termine acasuale. Una delle soluzioni adottate è stata quella della proroga del contratto, che è però possibile una volta sola tra le parti, e per la quale non sono previsti intervalli.
I lavoratori con contratto a termine scaduto, dal loro lato, piuttosto che sperare in un indeterminato, si sono a più riprese informati su come rendere possibile il proprio rinnovo nonostante la riforma. Insomma un effetto al contrario. Vediamo nel dettaglio cosa dice la circolare n. 27 del 2012 del Ministero del Lavoro, che consente alla contrattazione collettiva di derogare.
Il Ministero: i termini ridotti a 20 e 30 giorni stabiliti dai CCNL
La legge n. 92 del 2012, la riforma del lavoro, aveva già previsto una deroga agli intervalli di 60 o 90 giorni nella successione dei contratto a termine per mansioni equivalenti. Il comma 9 lettera h) dell’art. 1 della Legge Fornero stabiliva che “I contratti collettivi possono prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione dei predetti periodi, rispettivamente, fino a venti giorni e trenta giorni nei casi in cui l’assunzione a termine avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato:
dall’avvio di una nuova attività;
dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo;
dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico;
dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo;
dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente.
E aggiungeva, sempre il comma 9: “In mancanza di un intervento della contrattazione collettiva, ai sensi del precedente periodo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione (quindi entro il 18 luglio 2013), sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, provvede a individuare le specifiche condizioni in cui, ai sensi del periodo precedente, operano le riduzioni ivi previste”.
Quindi in queste ipotesi di cui all’elenco, è possibile la deroga e la riduzione degli intervalli a 20 giorni, se il contratto scaduto era di massimo 6 mesi, e 30 giorni, se il contratto era superiore a 6 mesi.
Termini ridotti per le attività stagionali. L’art. 46-bis della Decreto Legge n. 83 del 2012 ha introdotto un ulteriore periodo: “I termini ridotti trovano applicazione per le attività di cui al comma 4-ter (attività stagionali di cui al D.P.R. n. 1525 del 1963) e in ogni altro caso previsto dai contratti collettivi stipulati ad ogni livello dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
La circolare del Ministero chiarisce che questa ultima disposizione ha carattere interpolativo dell’art. 1 comma 9 lettera h) della legge n. 92 del 2012, che a sua volta, si inserisce nel corpo dell’art. 5 comma 3 del D. Lgs. 368 del 2001. E che la citata disposizione richiama esplicitamente i termini ridotti di 20 e 30 giorni, dice il Ministero.
L’interpretazione sistematica del Ministero: “In primo luogo gli accordi di livello interconfederale o di categoria, ovvero, in via delegata, a livello decentrato, possono ridurre la durata degli intervalli per esigenze riconducibili a ragioni organizzative qualificate, legate all’avvio di una nuova attività, al lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, eccetera. In tali ipotesi, pertanto, la contrattazione collettiva è “sollecitata” a regolamentare tali fattispecie proprio in ragione di una possibile iniziativa di carattere sostitutivo di questo Ministero che, sempre sulla base delle citate ragioni organizzative qualificate, può agire in via amministrativa con apposito decreto per puntualizzare la casistica di cui sopra”. Quindi il Ministero invita nuovamente le parti sociali a regolamentare i casi già previsti dalla legge n. 92 del 2012, elencati precedentemente.
L’apertura verso i termini ridotti stabiliti dai CCNL: “Sotto altro profilo il riferimento ad “ogni altro caso previsto dai contratti collettivi” di qualsiasi livello, rende comunque valida ogni altra ipotesi di riduzione degli intervalli da parte della contrattazione nazionale, territoriale, o aziendale, anche in ipotesi diverse e ulteriori rispetto a quelle legate ai processi organizzativi sopra considerati (avvio di una nuova attività, lancio di un prodotto ecc.), senza che in tal caso sia però previsto un ruolo sostitutivo
del Ministero”.
Ciò significa che in tutti i casi previsti dai contratti collettivi di qualsiasi livello si potranno ridurre gli intervalli per il rinnovo dei contratti a termine a 20 e 30 giorni. Ed a questo punto c’è da aspettare solo che le parti sociali, datori di lavoro e sindacati dei lavoratori, si accordino, settore per settore, sui casi in cui è possibile tornare al rinnovo del contratto a tempo determinato con intervalli a termini ridotti di 20 giorni, per la stipula di un nuovo contratto a termine per mansioni equivalenti dopo un contratto scaduto di massimo 6 mesi, oppure di 30 giorni, se il contratto scaduto è superiore a 6 mesi.
Mattia80- Yokohama 2007
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Re: Topic Politico
VENDOLA: «PUZZA DI CAMORRA» - Sulle liste Pdl arriva però il duro commento di Nichi Vendola: «A sinistra vogliamo far sentire profumo di diritti sociali. A destra si sente ancora la puzza di camorra» scrive su Twitter il leader di Sinistra Ecologia Libertà.
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Re: Topic Politico
ogni volta che sto chiappe chiaccherate parla regala voti a berlusconi lol
Mattia80- Yokohama 2007
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Capisco. Finocchietto vuole far perdere Bersani.
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Re: Topic Politico
Redditi, nel 2013 come 27 anni fa.
Scomparse 100 mila aziende tra 2011 e 2012I dati arrivano da uno studio di Rete Imprese Italia, che denuncia anche un crollo dei consumi retrocessi ai livelli di quindici anni fa (-4,4% nel 2012). Il reddito disponibile pro capite toccherà quest'anno quota 16.955 euro contro i 17.337 euro del 2012. Nei primi nove mesi dell'annio scorso hanno chiusa 216 mila imprese artigiane. Il 28 gennaio giornata di mobilitazione nazionale
MILANO - Altro che aumenti. I redditi degli italiani sono destinati a diminuire e a tornare ai livelli del 1986, quando ancora regnava la lira. Secondo un'analisi di Rete Imprese Italia il dato è sceso a meno di 17mila euro: 16.955 euro contro i 17.337 euro dello scorso anno. Nel 2007, anno di inizio della crisi, il dato era a 19.515 euro. E scivolerà ancora fino ad arrivare appunto a 16.955 euro, il livello di 27 anni fa. Pessime le notizie per le aziende: nel periodo 2011-2012 100mila sono scomparse, effetto anche della pressione fiscale che è arrivata al 56%.
Crollo dei consumi. Anche i consumi registrano un segno meno. Nel 2012 la spesa pro capite è calata del 4,4% a 15.920 euro e Rete imprese italia prevede per l'anno in corso un ulteriore calo, del'1,4% a 15.695 euro. I consumi tornano così ai livelli del 1998. Tra il 2007 e il 2012, afferma ancora lo studio, i consumi in Italia sono diminuiti del 7,7%. Il calo maggiore si è registrato nelle regioni del Sud: -8,8%. Nel Centro la diminuzione si è attesta dal 7,7%, nel Nord-est al 7,5% e al Nord-ovest del 6,1%.
Soffrono le imprese, soprattutto artigiane. Sale a quota 100mila il conto delle imprese 'morte' nel 2012 rispetto al 2011. Il saldo tra mortalità e natalità delle aziende artigiane e di servizi di mercato più manifatturiere e costruzioni porta la somma a 100mila aziende "scomparse". Nel dettaglio, nei primi nove mesi del 2012 hanno chiuso i battenti
oltre 216mila imprese artigiane e dei servizi di mercato. Le iscrizioni ammontano invece a poco meno di 150mila (147mila) per un 'saldo' tra mortalità e natalità negativo per 70mila unità.
Tasse sempre più pesanti. Sempre secondo le previsioni dello studio, la pressione fiscale effettiva salirà nel 2013 a quota 56,1%, rispetto al 46,3% della pressione fiscale apparente. Nel 2012 la pressione fiscale per i cittadini in regola con il fisco è stata - secondo lo studio - pari a 55,2%. "Bene ha fatto il governo Monti ad aver messo in sicurezza i conti pubblici, a rafforzare la fiducia nei confronti della capacità dell'Italia di onorare il proprio debito pubblico - ha detto il presidente di turno di Rete imprese Italia, Carlo Sangalli.-. Così come è stato un bene per il nostro Paese la riduzione del costo del finanziamento del debito pubblico per via della riduzione dello spread. Tutto questo ha consentito all'Italia di recuperare fiducia e credibilità a livello internazionale. E ci ha consentito di superare i primi tornanti della crisi. Ma lo si è fatto - ha aggiunto - al prezzo salatissimo di un'impennata della pressione fiscale complessiva e di pesanti effetti recessivi che ne sono derivati".
Mobilitazione nazionale. In base ai dati, dunque, nel 2012 in Italia ha chiuso un'impresa al minuto, la pressione fiscale è salita al 56% e la burocrazia richiede 120 adempimenti fiscali e amministrativi all'anno, uno ogni 3 giorni, ha sottolineato Sangalli. Non solo: nell'ultimo anno il sistema del credito ha ridotto di 32 miliardi l'erogazione di finanziamenti alle aziende. Per questo, ha annunciato il presidente, le imprese proclamano per il 28 gennaio una giornata di mobilitazione nazionale. "Chiediamo di essere ascoltati - ha detto Sangalli, chiedendo al prossimo governo, qualunque esso sia, di rimettere al centro le istanze delle imprese -. Il messaggio alla politica e alla prossima legislatura partirà chiaro e forte da tutta Italia: ripartire dalle imprese legate al territorio cioè da quel tessuto produttivo che nonostante tutto non si rassegna e non vuole tirare i remi in barca".
www.repubblica.it
Scomparse 100 mila aziende tra 2011 e 2012I dati arrivano da uno studio di Rete Imprese Italia, che denuncia anche un crollo dei consumi retrocessi ai livelli di quindici anni fa (-4,4% nel 2012). Il reddito disponibile pro capite toccherà quest'anno quota 16.955 euro contro i 17.337 euro del 2012. Nei primi nove mesi dell'annio scorso hanno chiusa 216 mila imprese artigiane. Il 28 gennaio giornata di mobilitazione nazionale
MILANO - Altro che aumenti. I redditi degli italiani sono destinati a diminuire e a tornare ai livelli del 1986, quando ancora regnava la lira. Secondo un'analisi di Rete Imprese Italia il dato è sceso a meno di 17mila euro: 16.955 euro contro i 17.337 euro dello scorso anno. Nel 2007, anno di inizio della crisi, il dato era a 19.515 euro. E scivolerà ancora fino ad arrivare appunto a 16.955 euro, il livello di 27 anni fa. Pessime le notizie per le aziende: nel periodo 2011-2012 100mila sono scomparse, effetto anche della pressione fiscale che è arrivata al 56%.
Crollo dei consumi. Anche i consumi registrano un segno meno. Nel 2012 la spesa pro capite è calata del 4,4% a 15.920 euro e Rete imprese italia prevede per l'anno in corso un ulteriore calo, del'1,4% a 15.695 euro. I consumi tornano così ai livelli del 1998. Tra il 2007 e il 2012, afferma ancora lo studio, i consumi in Italia sono diminuiti del 7,7%. Il calo maggiore si è registrato nelle regioni del Sud: -8,8%. Nel Centro la diminuzione si è attesta dal 7,7%, nel Nord-est al 7,5% e al Nord-ovest del 6,1%.
Soffrono le imprese, soprattutto artigiane. Sale a quota 100mila il conto delle imprese 'morte' nel 2012 rispetto al 2011. Il saldo tra mortalità e natalità delle aziende artigiane e di servizi di mercato più manifatturiere e costruzioni porta la somma a 100mila aziende "scomparse". Nel dettaglio, nei primi nove mesi del 2012 hanno chiuso i battenti
oltre 216mila imprese artigiane e dei servizi di mercato. Le iscrizioni ammontano invece a poco meno di 150mila (147mila) per un 'saldo' tra mortalità e natalità negativo per 70mila unità.
Tasse sempre più pesanti. Sempre secondo le previsioni dello studio, la pressione fiscale effettiva salirà nel 2013 a quota 56,1%, rispetto al 46,3% della pressione fiscale apparente. Nel 2012 la pressione fiscale per i cittadini in regola con il fisco è stata - secondo lo studio - pari a 55,2%. "Bene ha fatto il governo Monti ad aver messo in sicurezza i conti pubblici, a rafforzare la fiducia nei confronti della capacità dell'Italia di onorare il proprio debito pubblico - ha detto il presidente di turno di Rete imprese Italia, Carlo Sangalli.-. Così come è stato un bene per il nostro Paese la riduzione del costo del finanziamento del debito pubblico per via della riduzione dello spread. Tutto questo ha consentito all'Italia di recuperare fiducia e credibilità a livello internazionale. E ci ha consentito di superare i primi tornanti della crisi. Ma lo si è fatto - ha aggiunto - al prezzo salatissimo di un'impennata della pressione fiscale complessiva e di pesanti effetti recessivi che ne sono derivati".
Mobilitazione nazionale. In base ai dati, dunque, nel 2012 in Italia ha chiuso un'impresa al minuto, la pressione fiscale è salita al 56% e la burocrazia richiede 120 adempimenti fiscali e amministrativi all'anno, uno ogni 3 giorni, ha sottolineato Sangalli. Non solo: nell'ultimo anno il sistema del credito ha ridotto di 32 miliardi l'erogazione di finanziamenti alle aziende. Per questo, ha annunciato il presidente, le imprese proclamano per il 28 gennaio una giornata di mobilitazione nazionale. "Chiediamo di essere ascoltati - ha detto Sangalli, chiedendo al prossimo governo, qualunque esso sia, di rimettere al centro le istanze delle imprese -. Il messaggio alla politica e alla prossima legislatura partirà chiaro e forte da tutta Italia: ripartire dalle imprese legate al territorio cioè da quel tessuto produttivo che nonostante tutto non si rassegna e non vuole tirare i remi in barca".
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Re: Topic Politico
La guerra é vicina
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Re: Topic Politico
Giuseppe Mussari si è dimesso dalla presidenza dell'Abi. Lo riferiscono fonti finanziarie, che puntualizzano come l'ex presidente di Mps ha consegnato nelle mani del vicepresidente vicario dell'associazione di Palazzo Altieri, Camillo Venesio le sue dimissioni «irrevocabili». L'ex presidente del Monte dei Paschi ha preso questa decisione perché travolto dalle polemiche sulla sua gestione della banca senese, che ora dovrà rimediare con 3,9 miliardi di prestiti pubblici "Monti bond" per ripianare il buco di bilancio. Mussari era stato soggetto di polemiche in questi giorni dopo le notizie sull'operazione in derivati, denominata "Alexandria".
RESPINGE OGNI ADDEBITO - Il numero uno dell'Abi ha inviato poco fa una lettera al vice presidente vicario dell'associazione dei banchieri, Camillo Venesio, nella quale respinge ogni addebito, sostenendo che non ha commesso niente di illecito nella gestione Mps, ma che nell'interesse dell'Abi non può trascinare l'associazione in polemiche che lo riguardano. Le dimissioni si intendono con effetto immediato e irrevocabile. Le funzioni di Mussari passano così a Venesio, manager della Banca del Piemonte.
LA LETTERA - «Ritengo di dover rassegnare con effetto immediato e in maniera irrevocabile le dimissioni da presidente dell'Associazione bancaria italiana - scrive -. Assumo questa decisione convinto di aver sempre operato nel rispetto del nostro ordinamento ma nello stesso tempo, deciso a non recare alcun nocumento, anche indiretto all'associazione». «In questi tre anni - aggiunge - ho cercato di servire l'associazione mettendo a disposizione tutte le energie fisiche e intellettuali di cui disponevo, usufruendo dell'insostituibile contributo della direzione di tutti i dipendenti dell'associazione».
LA COMUNICAZIONE - «Ti prego di comunicare questa mia scelta al comitato di presidenza, al comitato esecutivo, al consiglio, al collegio sindacale e al direttore generale», scrive Mussari. Ai ringraziamenti di rito, segue un'ultima riflessione: «Rappresentare le banche in Italia nell'ottica di perseguire l'interesse generale del Paese è stato per me un grande onore».
www.corriere.it
Strano che sto scandalo l'abbia sollevato un quotidiano mentre i solerti magistrati non abbiano (ancora) mosso un dito
RESPINGE OGNI ADDEBITO - Il numero uno dell'Abi ha inviato poco fa una lettera al vice presidente vicario dell'associazione dei banchieri, Camillo Venesio, nella quale respinge ogni addebito, sostenendo che non ha commesso niente di illecito nella gestione Mps, ma che nell'interesse dell'Abi non può trascinare l'associazione in polemiche che lo riguardano. Le dimissioni si intendono con effetto immediato e irrevocabile. Le funzioni di Mussari passano così a Venesio, manager della Banca del Piemonte.
LA LETTERA - «Ritengo di dover rassegnare con effetto immediato e in maniera irrevocabile le dimissioni da presidente dell'Associazione bancaria italiana - scrive -. Assumo questa decisione convinto di aver sempre operato nel rispetto del nostro ordinamento ma nello stesso tempo, deciso a non recare alcun nocumento, anche indiretto all'associazione». «In questi tre anni - aggiunge - ho cercato di servire l'associazione mettendo a disposizione tutte le energie fisiche e intellettuali di cui disponevo, usufruendo dell'insostituibile contributo della direzione di tutti i dipendenti dell'associazione».
LA COMUNICAZIONE - «Ti prego di comunicare questa mia scelta al comitato di presidenza, al comitato esecutivo, al consiglio, al collegio sindacale e al direttore generale», scrive Mussari. Ai ringraziamenti di rito, segue un'ultima riflessione: «Rappresentare le banche in Italia nell'ottica di perseguire l'interesse generale del Paese è stato per me un grande onore».
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Strano che sto scandalo l'abbia sollevato un quotidiano mentre i solerti magistrati non abbiano (ancora) mosso un dito
Mattia80- Yokohama 2007
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Re: Topic Politico
i magistrati sono impegnati con le trombate del Berlusca
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Re: Topic Politico
chissà cosa ne pensa il buon OM di questa vicenda
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